“In provincia di Como salta un altro punto vaccinale. È accettabile che i comaschi possano fare riferimento solo all’hub di Lariofiere che, peraltro, ha traslocato in un tendone? È questa l’idea di sanità di territorio che hanno a Palazzo Lombardia: spostarsi dall’altra parte della provincia per vaccinarsi?”chiede il consigliere regionale del Partito Democratico, Angelo Orsenigo, commentando la chiusura ormai prossima del punto vaccinale di via Napoleona a Como.

“C’è da chiedersi perché la scelta sia caduta sul mantenere l’unico punto vaccinale della provincia a un estremo del territorio, vicino a Lecco, che per molti comaschi è molto difficile da raggiungere. Chiudere via Napoleona significa poi disinvestire su quel progetto fondamentale che è la Cittadella della Salute che come Partito Democratico abbiamo sostenuto con forza. Insomma, Como città rimane senza ospedale e senza hub. Forse l’unico capoluogo Lombardo ad essere in questa situazione che la dice lunga sull’idea che Regione Lombardia ha del termine “medicina di prossimità”. Se da una parte il consiglio regionale vara una riforma sanitaria che promette la ricostruzione della sanità di territorio con distretti, case e ospedali della Comunità, dall’altra si costringe il cittadino ad andare ad Erba per il vaccino. Senza contare che depotenziare gli hub significa depotenziare la campagna vaccinale: un errore che non ci possiamo permettere. Como ha un tasso di vaccinazione con terza dose attorno al 60%. Ci sono ancora persone che devono completare il proprio ciclo di immunizzazione” conclude Orsenigo.

È in aula ormai da tre settimane la revisione della legge sanitaria lombarda e ancora non è finita la maratona voluta dal Pd per riuscire a raccontare la propria visione di una sanità lombarda più vicina ai cittadini. Infatti, il Consiglio regionale, convocato anche nella giornata di domenica, proseguirà anche la prossima settimana. A parte un pacchetto di emendamenti presentato a sorpresa dalla maggioranza, nella serata di giovedì, le voci protagoniste sono state sempre e soltanto quelle delle opposizioni. Tra le questioni più calde affrontate dai consiglieri dem: la carenza di medici di base, la richiesta di cancellare la lottizzazione per i direttori generali delle Ats e Asst, la necessità di rinforzare la sanità di montagna e di potenziare la medicina di genere.

Abbiamo voluto trasformare il Consiglio regionale in un grande orecchio per provare a ribaltare questa logica e a far tornare il sistema sanitario alle sue funzioni di servizio ai cittadini. Sarà anche faticoso, e forse noioso, ascoltare lunghi interventi per diverse settimane, ma è solo così, rimettendo al centro i cittadini, che le istituzioni possono emanciparsi dalla tirannia del profitto. I soldi servono, ma non possono diventare il fine della politica, soprattutto quando c’è in ballo la nostra salute.

A questo link è possibile scaricare una sinossi delle nostre proposte per cambiare la sanità lombarda con un approccio serio e con le persone saldamente al centro. Scarica il documento

“La medicina territoriale è il problema principale della sanità lombarda, e non è vero che questa riforma voluta da Fontana e Moratti colmerà il buco creato da Formigoni e poi da Maroni. Bastano i numeri a dirlo: in Lombardia servirebbero 500 case di comunità, come dice il ministero della Salute, e la Regione ne prevede solo 115 nella prima fase, 216 a regime. Nell’Ats Insubria le cose non vanno meglio. Le Case di Comunità dovrebbero essere 73 ma sono 19. E non basterà cambiare l’insegna di una struttura per creare un servizio che sia davvero di comunità, fatto di medici, infermieri, fisioterapisti, logopedisti, tecnici della riabilitazione e assistenti sociali, a cui i cittadini possano fare riferimento tutti i giorni dell’anno per 24 ore. Le case di comunità non devono essere dei semplici poliambulatori, come invece li intende la giunta lombarda. Così rischiano di essere una grandissima occasione sprecata. In una sanità come quella lombarda, così spinta sulla medicina ospedaliera e sulla competizione tra pubblico e privato, la situazione può cambiare solo con un cambio di mentalità e di strategia, che metta al centro il cittadino, la comunità, le cure primarie e la prevenzione. E con questa riforma, non ci sarà il cambio di passo che come opposizione chiediamo da tempo, ancora prima della pandemia” dichiara il consigliere regionale comasco, Angelo Orsenigo, impegnato oggi nel secondo giorno di maratona in Consiglio per discutere la legge di revisione della sanità lombarda.

“In Lombardia ci vogliono dai sei ai sette mesi per una mammografia. Un dato inaccettabile e terribile, specialmente ora che ricorre il mese della prevenzione al tumore al seno. Così la Regione si impegna a salvare delle vite?” si chiede il consigliere regionale Angelo Orsenigo del Partito Democratico.

“Il problema delle liste d’attesa infinite non è nuovo e certamente precorre la pandemia da Covid-19. Altre prestazioni mediche richiedono mesi di attesa nel pubblico, mentre nel privato tutto procede più speditamente. C’è poi il grave problema dei medici di base mancanti a causa di un turnover che non avviene. Per fortuna in Regione Lombardia se ne sono accorti, visto che proprio ieri il presidente Fontana suonava l’allarme proprio su questi temi, denunciando una carenza di medici e infermieri. Forse però più che l’allarme, in Regione Lombardia, dovremmo far suonare la sveglia. Qualcuno dica al presidente che la sanità è responsabilità regionale. Per quanto ancora continuerà a scaricare le proprie responsabilità sul governo centrale?” conclude Orsenigo.

“Qual è il ruolo che Regione Lombardia darà all’ospedale di Menaggio nelle prossime fasi della campagna vaccinale? Che futuro attende la struttura? Sono domande urgenti che presenterò in un’interrogazione in consiglio regionale e alle quali Regione Lombardia e l’assessore al Welfare Moratti dovranno rispondere per far chiarezza su questo importante presidio territoriale” dichiara Angelo Orsenigo, consigliere regionale del Partito Democratico. 

“È assurdo pensare che gli abitanti del porlezzese o del medio lago si spostino verso Villa Erba quando ci potrebbe essere un punto vaccinale così vicino a loro. In questo senso l’ospedale di Menaggio deve continuare ad essere un punto di riferimento anche dopo la fine delle inoculazioni agli over 70, questa settimana. Grazie all’aiuto dei sindaci, la struttura si è dimostrata un modello organizzativo vincente che va mantenuto” continua il consigliere comasco che già nelle scorse settimane ha sollecitato Regione Lombardia a proseguire con le vaccinazioni agli over-70 presso la struttura ospedaliera lariana. 

“Regione faccia poi chiarezza sul futuro dell’ospedale nel lungo periodo. Non dimentichiamo che questo è l’unico ospedale pubblico della sponda est ed ovest del lago di Como eppure la chiusura di alcuni reparti e la riduzione delle prestazioni hanno indebolito il servizio offerto alla cittadinanza – aggiunge Orsenigo – Il passaggio da Ats della Montagna ad Ats Insubria, unito alle promesse non mantenute della Riforma Maroni sui presidi sanitari territoriali, contribuiscono poi al clima di incertezza. Dallo scoppio del Covid il tema della sanità di territorio è di importanza fondamentale. Se Regione Lombardia ha imparato qualcosa dal dramma della pandemia lo dimostri dando un indirizzo chiaro all’ospedale di Menaggio che va sostenuto tramite un processo di riorganizzazione in cui i sindaci devono essere coinvolti dal primo momento, visto il loro prezioso contributo in questi mesi di emergenza sanitaria”.

(Roma, 20 febbraio 2021) – Oggi si celebra la prima Giornata nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato. Una ricorrenza istituita dal Parlamento con una legge approvata all’unanimità, lo scorso 4 novembre.

Una data significativa, non scelta a caso. Proprio il 20 febbraio del 2020, infatti, presso l’Ospedale civico di Codogno, fu individuato il cosiddetto “paziente uno” di quella che di lì a poco sarebbe diventata non solo l’emergenza sanitaria più difficile per l’Italia dal dopoguerra ad oggi, ma la più grande crisi pandemica che il mondo globalizzato abbia mai conosciuto.

La Giornata de camici bianchi vuole essere un “momento per onorare il lavoro, l’impegno, la professionalità e il sacrificio del personale sanitario nel corso della pandemia da Covid-19 nell’anno 2020″.

Una giornata per fissare nella memoria e tenere sempre vivo il ricordo di quanti, nel prestare il proprio servizio, nell’adoperarsi per la cura degli altri, nel salvare vite umane durante la crisi pandemica non ce l’hanno fatta. Ma anche un giorno per ringraziare l’impegno di quanti hanno lavorato con dedizione per farci superare uno dei periodi più drammatici della storia del nostro Paese e che ancora oggi continuano a farlo prestando assistenza negli ospedali, negli ambulatori, nelle Rsa, nei diversi centri, nel trasporto, nelle farmacie, sul territorio.

A tutti loro il nostro ricordo commosso, la nostra riconoscenza, il nostro profondo grazie.


“Regione Lombardia deve dimostrare nei fatti di voler rilanciare l’ospedale di Saronno per il suo valore strategico, per il bene dei cittadini e dei comuni della bassa comasca che fanno riferimento alla struttura. Non possiamo permetterci di perdere una risorsa di questo tipo, smontando così un altro pezzo importante di una sanità che ha già dimostrato tutte le sue criticità. L’assessore Letizia Moratti ha promesso fondi per il rilancio? Bene. Passi dalle promesse ai fatti, ora” dichiara il consigliere regionale del Partito Democratico, Angelo Orsenigo, in merito all’allarme lanciato dai sindaci comaschi circa le condizioni critiche del polo ospedaliero. 

“Il polo di Saronno infatti è da un anno minacciato da un inesorabile ridimensionamento in termini di reparti e personale che rischia di lasciare il territorio delle province di Milano, Como, Varese e Monza e ben 180 mila cittadini che fanno riferimento alla struttura completamente sguarniti. Questa non è la direzione in cui la sanità lombarda deve andare” continua Orsenigo. 

“Se il Covid ci ha insegnato qualcosa è che occorre investire sulla sanità territoriale, invertire il segno di tendenza su tagli e smembramenti. Dai banchi del Consiglio regionale, abbiamo più volte presentato emendamenti puntuali affinché l’ospedale venisse potenziato anche portando a regime il personale – dice il consigliere Dem, che conclude – Ora la richiesta non viene più dalla sola opposizione ma dai sindaci che amministrano il territorio e ne conoscono alla perfezione i bisogni. Serve un piano per il recupero dell’ospedale ben chiaro e serve subito. Di parole ne sono già state spese abbastanza”.

(Milano, 4 gennaio 2021) – Chiara Braga è stata ospite della trasmissione televisiva ‘Mattino 5‘ per parlare della prima fase della campagna di vaccinazione anti-Covid, dei dati di monitoraggio e delle dichiarazioni inaccettabili dell’assessore lombardo Gallera (Qui il link per rivedere parte del dibattito andato in onda).

E’ stata anche l’occasione per fare chiarezza e non trasmettere confusione ai cittadini.

In questo primo momento la campagna di vaccinazione anti-Covid sta riguardando principalmente tutto il personale sanitario (insieme ai residenti più fragili delle Rsa). Stiamo quindi parlando di vaccini anti-Covid, quelli acquistati dalla Pfizer-BioNtech, somministrati a medici, infermieri e operatori sanitari in quantità e dosi già disponibili e gestibili da parte dell’attuale personale in funzione presso le diverse strutture sanitarie.

Il problema dei differenti ritmi con cui vengono effettuati i vaccini sta nella scelta del diverso modello organizzativo stabilito dalle singole Regioni per l’attività di somministrazione. Si spiegano così le differenze tra una Lombardia, collocata al fondo del monitoraggio dell’andamento della campagna vaccinale anti-Covid, che ha somministrato vaccini solo per il 3,9% ovvero effettuando 3.126 vaccinazioni a fronte delle 80.595 dosi ricevute, e una regione Lazio che conta una percentuale di 48,7% di vaccini somministrati o di un Veneto che è al 40,6% di vaccinazioni eseguite.

Non si può scaricare su medici e infermieri, ed è questa la cosa più grave che emerge dalle dichiarazioni dell’assessore lombardo Gallera, la colpa di quel 3,9%, il torto di non aver effettuato le vaccinazioni in Lombardia a ritmi adeguati. Inaccettabile.

I troppi errori hanno portato al risultato temuto: la campagna per la vaccinazione antinfluenzale in Lombardia è miseramente fallita e questo fa molto temere per il buon esito della campagna decisiva che si è aperta in questi giorni, contro il Covid-19. Sono i numeri a dirlo e l’ATS dell’Insubria non fa eccezione: su 1.479.339 assistiti solo 227.515, pari al 15,38%, sono stati attualmente vaccinati.

Il dato più preoccupante è quello della categoria anagrafica più a rischio, gli anziani. Solo il 48,29% degli over 65 anni ha ricevuto l’immunizzazione e ancora peggiore è il dato dei cittadini da 60 a 64 anni, per i quali in quest’anno di pandemia la vaccinazione era stata fortemente consigliata: immunizzato solo il 13,39%. Bisogna considerare che per le categorie cosiddette target, ovvero bambini fino a 6 anni e over 60 oltre alle persone fragili, il ministero della salute aveva indicato l’obiettivo di copertura ottimale del 95%, con un minimo del 75%.

“I dati sono impietosi e confermano quello che temevamo – dichiara il consigliere regionale del Pd Angelo Orsenigo – quelli delle province di Como e Varese sono inferiori alla pur bassa percentuale regionale per tutte le categorie tranne che per i minorenni, ma si tratta di uno scostamento di massimo un punto. Considerando che il vaccino ha bisogno di tre settimane per produrre l’immunizzazione è evidente che non ci sono più margini per considerare efficace la campagna vaccinale di quest’anno. La campagna vaccinale è ormai terminata e anche l’obiettivo minimo indicato dal ministero della salute, quello del 75% per le categorie a rischio, in Lombardia è lontanissimo.

Allo stato attuale si è vaccinato meno di un anziano over 65 su due, ma il ministero aveva indicato come categorie target anche i 60 – 64enni e i bambini da sei mesi a sei anni. Qui le percentuali sono pessime, davvero bassissime, e non è stata cattiva volontà dei cittadini o dei medici di base ma impossibilità di trovare la dose. A questo punto bisogna anche considerare la mole di vaccini che sono stati acquistati in ritardo e pagati a peso d’oro, anche cinque volte il costo applicato ad altre Regioni che se li erano procurati per tempo. Che fine faranno quelle dosi? Stiamo parlando di soldi pubblici che non devono e non possono essere sprecati. Su questo chiederemo risposte”.

“Ora speriamo che per il vaccino anti Covid la Regione faccia meglio, anche se il ritardo di queste prime giornate non è positivo e inizia a preoccupare – aggiunge Orsenigo riferendosi ai dati del ministero della Salute che mettono la Lombardia quindicesimo posto in Italia per il numero di vaccinazioni effettuate e in percentuale alle dosi ricevute – Con un misero 3,9%, la nostra regione è lontanissima dal 54,8% della provincia autonoma di Trento, ma anche dal 48,7% del Lazio”. A proposito di questo clamoroso ritardo, le recenti giustificazioni dell’assessore regionale al Welfare, Giulio Gallera, sono, per il consigliere comasco “inaccettabili, tanto quanto i ritardi nella somministrazione dei vaccini anti Covid”.

“Il Pd chiese le dimissioni in Aula di Gallera già ad aprile – ricorda Orsenigo –  quando furono chiari a tutti gli errori compiuti nelle RSA e nella gestione della pandemia, ma allora la Lega lo salvò. Lo fece per una sola ragione, perché sapeva che le responsabilità non erano solo dell’assessore, ma anche di Fontana e di tutta la sua giunta. Era vero allora ed è ancora più vero oggi. Ormai la credibilità dell’assessore è al minimo ed è incompatibile con la guida della sanità lombarda, ma non basta mandare via Gallera per raddrizzare la situazione, sono il presidente Fontana e l’intera giunta ad essersi dimostrati una volta di più inadeguati a guidare la Lombardia. Quindi, ci aspettiamo che si corra nella somministrazione dei vaccini anti Covid e si recuperi il tempo perso, perché le carenze organizzative e i ritardi di chi amministra la Lombardia ci sembrano davvero intollerabili e irrispettosi nei confronti di cittadini e operatori sanitari che hanno dimostrato in questi mesi di essere di gran lunga più responsabili e concreti di chi amministra la regione in cui abitano”.

Le istituzioni