È passato un anno da quando il sindaco ha annunciato trionfante la “fine del cinema”. Con queste parole, in uno dei suoi classici video, aveva presentato ai cittadini l’acquisizione a pieno titolo del Politeama da parte del Comune. Mai, però, ci saremmo aspettati che quel “fine del cinema” avrebbe significato, in realtà, un cambio di destinazione d’uso: da ex luogo in cui andare a vedere dei film, purtroppo chiuso da quasi 20 anni, a magazzino per oggetti rubati.
Già, perché per quanto Rapinese avesse annunciato immediati interventi di restituzione del decoro all’edificio, questo è ciò che il Politeama è diventato nell’ultimo periodo e ciò che è stato scoperto ieri dalle forze dell’ordine. Purtroppo, a seguito di quella firma, non è più stato fatto nessun passo avanti. A dicembre, in Consiglio comunale, è stato approvato il Bilancio finanziario del triennio 2024-2026, nel quale l’Amministrazione comunale ha previsto di stanziare 5 milioni per il recupero dell’ex cinema. Tuttavia, per stessa ammissione della maggioranza, si trattava di una cifra campata in aria, in quanto non esiste un progetto né tantomeno uno studio di fattibilità per il recupero. Ricordiamo, dunque, al sindaco e al suo gruppo che non basta acquistare il Politeama per renderlo magicamente un luogo sicuro e decoroso. Servono idee lungimiranti, serve una visione d’insieme della città, che questa Amministrazione non ha ancora dimostrato di avere.
PD e Svolta Civica
“Il sindaco delle chiusure colpisce ancora. Nonostante la notizia fosse stata data già tempo fa, quella di ieri è stata una giornata particolarmente triste in quanto è stato chiuso, definitivamente, il cancello della Bocciofila Combattenti e Reduci” dichiarano il Segretario cittadino del PD Daniele Valsecchi e i consiglieri comunali Patrizia Lissi, Stefano Legnani, Eleonora Galli e Stefano Fanetti.
“A perdere non sono solo gli anziani che si sono susseguiti per 76 anni di onorata storia, come ricordato dal presidente. Perdiamo tutti: noi, cittadini, Amministrazione comunale. Perdiamo un pezzo della nostra storia, un luogo divenuto simbolo di socialità e di valori condivisi che nessuno degli sforzi profusi dall’associazione, così come da noi in Consiglio comunale, è riuscito a preservare”.
“Il nostro pensiero e la nostra vicinanza vanno a tutti coloro che erano soliti frequentare la bocciofila e che, da oggi, non hanno più un luogo in cui incontrarsi, socializzare, passare del tempo insieme. Già, perché a fronte della chiusura, l’Amministrazione non si è nemmeno preoccupata di fornire una valida alternativa. Dei pomeriggi in via Balestra resteranno soltanto ricordi, fotografie e immagini del tempo che fu, strappato via da un sindaco, ancora una volta, incapace di ascoltare i bisogni e le richieste dei propri cittadini”.
Le immagini dell’inaugurazione del nuovo pezzetto di lungolago, anche a un paio di giorni di distanza, continuano a sembrarci stonate e grottesche, di fronte alla storia recente della nostra città.
C’è poco da festeggiare, non c’è nessun successo da proclamare. Ogni riapertura, più che altro, dà l’impressione di ricucire un pezzetto di una delle ferite che Como porta dentro di sé. Farla passare per un trionfo, sembra come brindare per un cerotto applicato sulla pelle sbucciata. È grottesco vedere il sindaco Rapinese insieme ai vertici di Regione Lombardia perché ritorna alla mente le parole dell’ attuale primo cittadino, che diceva che non avrebbe mai partecipato e, invece, ora si fa bello per traguardi per i quali non ha alcun merito.
Appaiono grottesche anche le parole dell’ ex sindaco Bruni che, ora, presente alla cerimonia, afferma incredibilmente che il muro della discordia non è mai esistito. Lo abbiamo visto tutti quel muro.
Noi abbiamo deciso di tenere un profilo più basso evitando inutili festeggiamenti per la riapertura di qualche metro di marciapiede. Lo sfregio rimane, indelebile.
“Nel Consiglio comunale di ieri è stata discussa la seconda mirabolante mozione presentata dal gruppo di maggioranza dall’inizio del mandato. La proposta in questione, avanzata dalla consigliera Patrizia Tagliabue, è quella di portare avanti iniziative presso gli enti nazionali e internazionali competenti affinché l’unità di misura ‘Volt’ venga cambiata in ‘Volta’: un cambiamento che, secondo chi ci amministra, contribuirebbe a ricollegarla ad Alessandro Volta e, dunque, alla città di Como” dichiara il consigliere comunale del PD Stefano Legnani.
“Da un’Amministrazione così precisa, così attenta, in Consiglio comunale, a ogni singola vocale di mozioni e interpellanze, ci saremmo aspettati un lavoro certosino nel ricostruire la figura di un personaggio importante per la nostra città e per il mondo intero come Alessandro Volta, noto inventore della pila, tanto da essere stampato, insieme alla sua scoperta, sulle banconote da 10.000 lire. E invece no: nella mozione presentata la pila non era nemmeno citata”.
“Ancora più gravi della dimenticanza, però, sono i due strafalcioni scientifici presenti nel testo – spiega – Volta non ha scoperto la corrente elettrica, nota, invece, da più di 2000 anni. Inoltre, al contrario di quanto riportato, il Volt non è la misura della corrente elettrica (che invece è l’Ampere), ma della tensione elettrica. Questioni che abbiamo fatto notare in Consiglio comunale con tre emendamenti, che prevedevano, oltre alla correzione dei gravi errori, anche l’impegno a promuovere le celebrazioni per il bicentenario della morte di Alessandro Volta, nel 2027. Solo la correzione da ‘corrente’ a ‘tensione’, tuttavia, è stata accettata dal proponente”.
“In sostanza, il Consiglio comunale di Como, che si prefigge di far conoscere al mondo la figura di Volta tramite il cambio di nome all’unità di misura, sostenendolo con forza davanti agli importanti enti nazionali e internazionali competenti, ha deliberato che il chimico e fisico comasco ha scoperto la corrente elettrica. Un po’ come quando il Parlamento deliberò che Ruby era la nipote di Mubarak”.
“La nostra votazione è stata contraria: sia perché, oltre a essere una proposta irrealizzabile, non contribuirebbe a far conoscere Como nel mondo (su lampadine ed elettrodomestici compare solo la lettera V), sia perché la mozione attribuisce a Volta una scoperta di gran lunga precedente. E chissà cosa penseranno gli enti chiamati ad esaminare la proposta”.
“Questa mattina alle 9, orario, come già detto, poco consono alle esigenze dei genitori, si è tenuta la commissione sugli asili nido. Purtroppo, siamo usciti dall’aula con grande amarezza, delusi dall’impossibilità di avere un confronto ragionevole, basato su dati e su risposte puntuali da parte del sindaco, e di chiarire, quindi, le reali motivazioni che hanno portato alla decisione di chiudere i nidi” dichiarano i consiglieri comunali Patrizia Lissi, Eleonora Galli e Stefano Legnani.
“La trasparenza, come ampiamente dimostrato, non è una delle sue principali doti. Ne ha dato prova un’altra volta, glissando su una serie di domande e di informazioni, come i dati su un eventuale risparmio del Comune alla luce delle chiusure dei nidi di via Passeri e via Bellinzona. Risparmio che, in ogni caso, non giustificherebbe il disagio creato alle famiglie dei quartieri interessati: persone, non numeri su cui fare calcoli. Senza contare il fatto che si tratta di una scelta anacronistica. Il Ministro dell’Istruzione del Governo Draghi aveva puntato molto sui poli 0/6 anni per una continuità educativa: in via Passeri c’era già, ma si è deciso di chiudere il nido”.
“Per difendere la propria decisione di chiudere gli asili, il sindaco sta facendo leva, ancora una volta, su una narrazione distorta, girando dati e fatti a proprio piacimento per convincere i cittadini della bontà delle proprie azioni – proseguono – Come sempre (e non riesce proprio a farne a meno) il confronto viene fatto con l’operato della Giunta Lucini, accusandola di aver ridotto, al contrario di quanto sta facendo ora l’Amministrazione comunale, i posti negli asili nidi. E’ doveroso, però, fare delle precisazioni”.
“Il mandato del centrosinistra, tra il 2012 e il 2017, è stato influenzato dal famoso patto di stabilità: mancavano fondi e non era possibile procedere con le assunzioni. Durante il quinquennio si è passati da un blocco totale alla possibilità di assumere una persona per ogni quattro dipendenti pubblici pensionati. A quel punto, era diventato particolarmente difficile rispettare il rapporto tra bambini ed educatrici stabilito dalle leggi. Le allora direttrici degli asili nido si sono trovate ad affrontare una situazione complicata, con ben undici pensionamenti. Pertanto, nell’impossibilità di assumere, hanno inviato una lettera al Comune con l’indicazione di accorpare alcune strutture, in quanto non c’erano alternative. La Giunta Lucini, con l’ex assessore Silvia Magni, ha deciso di chiudere l’asilo di Camerlata, confluito in quello di Rebbio, riuscendo a tenere aperto quello di Lora. La decisione, ai tempi, è stata comunicata incontrando i cittadini in una riunione pacifica e rispettosa, senza urla, senza insulti. E nonostante gli accorpamenti e la chiusura di un asilo, le liste d’attesa sono state azzerate. Oggi, invece, ci sono ancora”.
“Dal 2017, poi, è stato nuovamente possibile assumere personale, ma non è stato fatto. C’era già un bando per l’assunzione di un educatore negli asili, ma questa Amministrazione ha deciso di cancellarlo. Dal 2012 al 2017 il numero minimo di bimbi accolti negli asili nido comunali è stato di 390. Ora si parla di arrivare, forse, a 365, di cui, sembrerebbe, solo 240 in nidi a gestione diretta del Comune. E il punto è proprio questo: senza assunzioni, il rischio è che, con gli inevitabili pensionamenti, sempre più famiglie saranno costrette ad affidarsi al privato. E tanti saluti ai nidi comunali, fiore all’occhiello della nostra città” concludono.
“E’ arrivata l’ufficialità e non è certamente delle più attese. Per usare una metafora calcistica, non è certo il colpo di mercato che i tifosi comaschi speravano di poter festeggiare. Anzi, assume maggiormente i contorni di una netta sconfitta. Nessun passo indietro da parte dell’allenatore Alessandro Rapinese, che ha chiuso definitivamente la porta in faccia ai giostrai. Il Luna Park, quest’anno, non ci sarà” dichiarano il segretario cittadino del PD Daniele Valsecchi e i consiglieri comunali Stefano Fanetti, Eleonora Galli, Stefano Legnani e Patrizia Lissi.
“Era nell’aria, anche perché l’area di Muggiò in cui solitamente veniva allestito è occupata da… dal cantiere per il nuovo Centro federale del ghiaccio? No, non ci sono i fondi. Da quello per la realizzazione di una nuova piscina? Neppure, a Como mica abbiamo bisogno di piscine. No, lo spazio, a oggi, potrebbe benissimo essere occupato dalle giostre, se solo il sindaco avesse fatto un passo indietro rispetto al provvedimento che prevede la netta riduzione dell’area a disposizione del Luna Park, che ha spinto i giostrai, coesi, a rinunciarci per non escludere nessuno”.
“E così, dopo aver perso una storica tradizione come quella della Città dei Balocchi, Como dovrà rinunciare anche alle giostre, un appuntamento fisso già da inizio Novecento. Il primo pensiero va ai giostrai, trovatisi di punto in bianco senza quella che da anni, nel periodo di Pasqua, era la loro casa, e senza la possibilità di poter lavorare. Un pensiero anche ai comaschi, che come alternativa avranno il Luna Park allestito a Lecco, in un’area ancora più grande. Non sappiamo se faccia ancora parte del piano del sindaco per realizzare una big Como, che dopo Cernobbio e San Fermo, a questo punto, sembrerebbe comprendere anche l’altra sponda del lago… Battute a parte, ciò che è certo è che, dopo aver rovinato il Natale, ha deciso di fare lo stesso anche con la Pasqua. Lecco-Como 2-0. Non male per un sindaco che si dichiara il primo tifoso della propria città”.
“L’importante presenza di manifestanti che, ieri sera, prima del Consiglio, si sono riuniti nel cortile di Palazzo Cernezzi, è la prova che i provvedimenti presi dal sindaco sulla chiusura degli asili di via Passeri e via Bellinzona necessitano di un passo indietro. E’ stata una dimostrazione di democrazia. Quella stessa democrazia che il primo cittadino continua a citare a sua difesa, nascondendosi dietro un semplice “ho vinto”, ma dimenticandosi di ascoltare proprio chi, da etimologia della parola e da Costituzione, ha il potere: il popolo” dichiarano il PD cittadino e i consiglieri comunali Patrizia Lissi, Stefano Fanetti, Eleonora Galli e Stefano Legnani.
“Ieri sera, pur consapevoli che il regolamento non lo prevede, abbiamo provato a chiedere di sospendere il Consiglio, per dare ai cittadini l’occasione di essere ascoltati. Richiesta respinta, ma ci auguriamo che la voce dei genitori possa continuare a farsi sentire, anche dentro alle mura del Comune, dove il sindaco, dopo le Elezioni, si è arroccato, evitando il confronto con la gente, che evidentemente vede solamente in una logica oppositiva”.
“Ricordiamo all’Amministrazione che il compito del Comune è quello di erogare servizi alla cittadinanza e che essi non possono essere messi a disposizione tenendo in considerazione, come unico criterio, quello economico – proseguono – A farne le spese, nel caso degli asili, sono le famiglie di oltre 30 bambini solo per il Magnolia e non 13 come afferma, con la sua classica narrativa distorta, il sindaco (per 18 che escono per frequentare la materna ce ne sono altrettanti pronti a entrare)”.
“Gli asili nido, inoltre, sono da sempre un’eccellenza del nostro territorio, oltre che uno strumento pedagogico utile a favorire l’aumento demografico, tema di assoluta emergenza. Non è giusto chiuderli per banali motivi di risparmio, battendo la strada della continua esternalizzazione dei servizi. Così come non è corretto che una decisione di tale impatto sia stata presa prima di un confronto con la popolazione e con i consiglieri di minoranza, chiusi, addirittura, fuori dalla conferenza stampa. All’indomani del Consiglio, quindi, ribadiamo il nostro ‘no’ alla chiusura dei nidi e rinnoviamo la nostra vicinanza ai genitori che hanno manifestato. Continueremo a sostenerli, affinché la loro voce venga ascoltata”.
“Un comportamento esecrabile; una mancanza di rispetto nei confronti dei comaschi. Un modo di fare politica che, per fortuna e lo rivendico con forza, non appartiene al mio partito; una postura politica fatta di tracotante boria offensiva vomitata addosso a chiunque: al Pd e alle altre forze di opposizioni ma anche ai cittadini, a mamme e papà, a preti, ai presunti finti elettori, alle associazioni e chissà a chi altro. Uno show che fa schizzare in alto le visualizzazioni dei social insieme al proprio ego e fomenta l’arroganza dello sceriffo; uno spettacolo mediatico che però alla lunga è destinato a risultare triste e desolante, perché misero e avvilente è ogni prepotente mancanza di rispetto”. E’ questo il commento della segretaria provinciale del Partito Democratico comasco, Carla Gaiani, rispetto al comportamento tenuto dal Sindaco di Como, Alessandro Rapinese.
“Rapinese – conclude la segretaria dem – ha già perso. Non le elezioni, quelle le ha vinte e ha il diritto dovere di governare questa città. Ha già perso sul terreno della politica o meglio dell’etica politica che impone, soprattutto per chi rappresenta un’istituzione, non lo sfottere, non il deridere, non l’umiliare ma il rispetto e la dignità per ogni persona, ente, partito, istituzione. Rapinese, sotto questo aspetto ha già perso”.
“Questa mattina, al termine della conferenza stampa sulla chiusura degli asili nido di via Passeri e via Bellinzona, abbiamo assistito a uno spettacolo increscioso. Il sindaco ha risposto alle mamme con una modalità arrogante e totalmente antidemocratica, dimostrandosi, più volte, disinteressato ai problemi che le sue decisioni creano a cittadine e cittadini e incapace di ascoltare le loro richieste. Un alzare i toni che è sfociato in un tentativo di scontro con il Partito Democratico, al solo scopo di nascondere la pochezza delle sue argomentazioni e lo zero assoluto della sua idea di città e di Comune al servizio delle persone” dichiarano il Segretario cittadino del PD Daniele Valsecchi e i consiglieri comunali Patrizia Lissi, Stefano Fanetti, Eleonora Galli e Stefano Legnani.
“Quanto agli attacchi al centrosinistra, ricordiamo a Rapinese che l’unica giunta ad aver amministrato negli ultimi 30 anni è stata quella di Lucini, che peraltro ha azzerato le liste d’attesa. Quanto agli asili, invece, purtroppo si tratta di un film già visto, nelle scuse fornite (i costi o il calo delle nascite, pur in presenza di liste d’attesa), così come nelle modalità. La linea dell’attuale Amministrazione è sempre più chiara. Un compito, come quello di amministrare un Comune, che prevede certamente responsabilità, ma anche la bellissima gratificazione del poter fare per la comunità, per la gente, venendo incontro ai bisogni e alle richieste dei cittadini, viene trasformato in qualcosa che somiglia molto più alla direzione di un’azienda, focalizzata sul fare utili. Guai a investire dove c’è bisogno, a programmare, a progettare. Il tempo del sindaco e i soldi del Comune mica servono alle ristrutturazioni. Il Comune non è mica un servizio ai cittadini. Meglio tagliare, senza curarsi delle ripercussioni sociali del proprio operato”.
“Ancora una volta i calcoli e i freddi numeri sono stati messi davanti alle persone, alle famiglie e ai loro bambini, che dovranno cercare una nuova struttura, certamente meno comoda, con tutti i disagi che ne conseguono – proseguono – A partire da quelli legati al traffico, che andrà inevitabilmente ad aumentare, dovendo, i genitori, fare più strada per accompagnare i figli al nido. Una decisione, dunque, che avrà anche un risvolto sull’inquinamento ambientale. Si tratta inoltre di una decisione antistorica, in quanto l’Unione Europea si è posta come obiettivo quello di aumentare gli asili nido entro il 2030: ma evidentemente al sindaco piace andare in controtendenza. Così come è in controtendenza il fatto che la conferenza stampa di annuncio del provvedimento, che metterà in difficoltà decine di mamme, sia arrivata nella giornata dell’8 marzo, festa della donna. In Italia una donna su cinque deve lasciare il posto di lavoro perché non supportata. Qual è la risposta del Comune? Chiudere gli asili nido, da sempre un’eccellenza del nostro territorio, oltre che uno strumento pedagogico utile a favorire l’aumento demografico, tema di assoluta emergenza. E’ questo il modo di aiutare le donne e le famiglie?”.
“Sottolineiamo, infine, come l’informazione riguardante la chiusura del nido di Monteolimpino, sia trapelata solo in seguito a una precisa domanda posta al sindaco e non grazie a un corretto modus operandi, che avrebbe previsto che tutta la comunità fosse adeguatamente informata. Cosa che, per altro, lo stesso primo cittadino aveva affermato avrebbe fatto, in un vergognoso intervento in risposta alla nostra consigliera Patrizia Lissi, che chiedeva quali altre chiusure fossero previste, oltre a quella dell’asilo Ponte Chiasso. Vergognoso, come l’atteggiamento mostrato questa mattina, di fronte a un gruppo di mamme che chiedevano solo un doveroso ascolto, ma che si sono viste trattare, ancora una volta, senza un minimo di rispetto” concludono.