di Carla Attianase

Due esplosioni potentissime, causate da oltre 2700 tonnellate di nitrato di ammonio custodite al porto da sette anni e Beirut nel pomeriggio di ieri si è ritrovata sommersa dalle macerie, come l’aveva lasciata la lunghissima guerra civile.

Il bilancio provvisorio parla di almeno 100 morti, 4 mila feriti e 100 dispersi. Sono numeri drammatici che raccontano di un pomeriggio come tanti, che in pochi attimi si è trasformato in tragedia.

Un boato potentissimo, anzi due, che ha provocato un’onda d’urto pari a quella di un grande terremoto e che si è sentito fino a oltre 200 chilometri di distanza, con le strette strade del porto invase dalle fiamme e da una enorme nuvola di fumo. Così è cominciato l’incubo, che il governatore della città Marwan Abboud ha paragonato alle bombe di Hiroshima e Nagasaki.

E su Instagram è comparso il profilo @locatevictimsbeirut, che la popolazione sta usando per cercare i dispersi, pubblicando foto e appelli.

E il giorno dopo comincia la conta dei danni, con il governatore di Beirut Marwan Abboud, che ha quantificato i danni provocati dalle esplosioni avvenute ieri “tra i tre e i cinque miliardi di dollari”. Sono circa 300.000 le persone rimaste senza casa, mentre il bilancio provvisorio delle vittime è di oltre 100 morti e 4.000 feriti.

Ancora incerte le cause. Di sicuro si sa che il nitrato di ammonio è un fertilizzante, che però in presenza di un innesco si trasforma in un potente esplosivo. L’ipotesi su cui si sta lavorando è che la detonazione possa essere stata causata da alcune scintille dovute a dei lavori di saldatura nel magazzino, dunque per il momento sembra esclusa una bomba.

La tragedia del porto si abbatte su un Paese già devastato dalla crisi economica e dal Covid, basti pensare che a lira libanese è arrivata a valere 11mila contro il dollaro, rispetto ai 1500 di settembre.

L’Italia, storicamente vicina al Libano, è stata tra i primi Paesi a rispondere alla richiesta di aiuto del premier Hassan Diab. Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha promessi sostegno, insieme a Germania, Francia e all’Unione europea.

E un appello “agli Stati del mondo” è arrivato anche dal cardinale Bechara Boutros Rai, patriarca d’Antiochia e di tutto l’Oriente, che ha chiesto “aiuti immediati necessari a salvare la città di Beirut

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