I cinque dipendenti a rischio licenziamento che sono attualmente impiegati da Consorzio Stabile GAS come personale del Ferrotel di Chiasso siano integrati nell’organico di Ferservizi o altre società del gruppo Ferrovie dello Stato.

Il loro esubero, comunicato negli scorsi giorni, è contrario al blocco del licenziamenti previsto dal Governo con il Decreto Rilancio dello scorso marzo e la proroga arrivata lo scorso agosto. In questo momento di crisi, è imperativo aiutare quanti più lavoratrici e lavoratori possibile a scampare a disoccupazione e incertezza economica. Per questo tengo ad esprimere la mia solidarietà e supporto per il personale Ferrotel e per Cisl dei Laghi che si sta battendo perché i diritti non vengano calpestati. Parliamo di persone con esperienza di camerieri ai piani e addetti alle pulizie: percorsi professionali che certamente possono costituire una risorsa per Ferrovie dello Stato.

E’ quindi possibile che Ferservizi, la cui responsabilità nella vicenda è chiara vista la decisione di chiudere la struttura di Chiasso, non sia in grado di integrare cinque lavoratori dal futuro minacciato e dall’esperienza certamente utile? La risposta è semplice: si faccia il possibile per trovare un accordo e tutelare chi chiede semplicemente di poter continuare a lavorare.

Angelo Orsenigo

Con l’attuale orario di Trenord, chi intende rientrare a Como da Milano dopo le 23.10 semplicemente è condannato a rimanere bloccato in stazione senza alternative. Da nessuna delle tre principali stazioni milanesi, infatti, c’è un treno che permetta di raggiungere Como oltre l’ultima corsa delle 23.09 da Milano Porta Garibaldi. Per chi ritarda l’unica possibilità è tornare in macchina, in taxi o attendere la mattina successiva con evidenti disagi e dispendio economico.

Questa situazione sconveniente si aggiunge alle numerose denunce mosse nei confronti di Trenord da diversi comitati di pendolari ed è il risultato di un orario “monco” e inadatto alle esigenze degli utenti. Sempre da Porta Garibaldi, infatti, mancano il 22.09 e il 22.39, rispetto all’orario pre-Covid. C’è inoltre un considerevole “buco” tra il treno delle 21.39 e l’ultimo convoglio delle 23.09. Da Milano Cadorna, poi, l’unico modo per rientrare a Como è prendere un treno per Saronno e un bus fino a Como entro e non oltre le 22.57. Da Milano Centrale l’ultima chance serale è invece il treno delle 21.43, soglia dopo la quale si rimane a un binario vuoto.

Chiaramente questa è una pessima sorpresa per i pendolari che rientrano dopo una lunga giornata di lavoro. Ma ancora più paradossale è lasciare i turisti e visitatori in balia di un servizio a singhiozzi, con evidenti buchi temporali. Un turista che atterra tardi in aeroporto e intende raggiungere Como, cosa dovrebbe fare per non rimanere bloccato a Milano?Siamo davanti a una duplice questione. Un servizio di trasporto efficiente è una bene per i cittadini, studenti e lavoratori ma è anche una risorsa per il territorio e la sua economia quando agevola e migliora i flussi turistici, Viste le mancanze e i “buchi” serali nell’orari, ci chiediamo: Regione e Trenord dove siete?

Angelo Orsenigo

Sono orgogliosa dei risultati ottenuti dal Partito Democratico, che si afferma oggi come primo partito. Grazie a Nicola Zingaretti e a tutti i candidati e le candidate che hanno combattutto in queste elezioni con tenacia, passione, unità. Dall’esito del Referendum e dalle elezioni Regionali però nessun trionfalismo; al contrario la spinta per continuare con più convinzione la strada la spinta per continuare più forti la strada delle riforme e del Governo.

Chi ci rappresentava come marginali o “subalterni”, chi ha scommesso sulla sconfitta del segretario Zingaretti e del PD e sul trionfo di Salvini, chi ha pensato di poter costruire la propria affermazione sulle divisioni e sui distinguo è stato smentito.

Ha vinto una squadra, una comunità, la passione. Non si vince da soli, sempre insieme. Odio l’io, amo il noi”. Ha ragione Nicola Zingaretti: in questa difficile tornata amministrativa le belle vittorie in ToscanaPuglia e Campania ci dicono questo. E anche le sconfitte nelle altre Regioni, dove il PD è stato protagonista con la forza e la generosità dei suoi candidati e delle sue candidate.

Avanti per cambiare l’Italia!

Chiara Braga

Un vuoto enorme è quello che lascia Emilio Russo, politico vero e appassionato, pensatore fine della sinistra comasca e non solo. Capace di analisi ragionate e profonde è stato sempre capace di dare stimolo al ragionamento collettivo e non è mai caduto in pensieri banali e scontati.

Tutti noi ricorderemo il caro Emilio come persona sinceramente coinvolta nella ricerca del bene comune e dell’interesse della collettività. Il suo impegno, la sua dedizione e la sua visione resteranno come una luce e un esempio da seguire. Tutto ciò mancherà molto alla scena politica, come mancherà la sua cultura profonda che metteva a disposizione del prossimo. Ti diciamo “Ciao Emilio” e ci stringiamo alla tua famiglia.

Partito Democratico Federazione provinciale di Como

Di Agnese Rapicetta su Immagina.eu

Mancano pochissimi giorni alla riaperture della scuole. Il 14 settembre è ormai diventata una data fatidica che tutti aspettano con ansia, con un po’ di emozione e anche un certo di carico di preoccupazione. Perché quello che abbiamo imparato in questi mesi di chiusura, forse per la prima volta in maniera davvero concreta, è che la scuola è un’istituzione di cui non possiamo fare davvero a meno. Ma che scuola sarà la scuola di domani? Ne abbiamo parlato con Anna Ascani, viceministra dell’Istruzione, che sul palco dei dibattiti della Festa dell’Unità nazionale di Modena, si è confrontata su questo tema.

Ormai si fa il conto ala rovescia e non tutti i problemi sembrano essere risolti: siamo davvero pronti a ripartire in sicurezza?

“Credo che bisogna essere realisti e ammettere che delle criticità ci sono ma sarebbe ingeneroso dire che non si è fatto niente per farci trovare pronti per la ripartenza. Ci siamo mossi da subito e, appena abbiamo saputo che dovevamo garantire il distanziamento in classe, abbiamo stanziato i fondi per l’edilizia leggera e fondi per comprare arredi. In più abbiamo investito 3 miliardi per assumere circa 70mila tra docenti e personali ATA. Arriveranno poi ogni giorno nelle scuole mascherine e gel igienizzante. Ovviamente questo non vuol dire che c’è un rischio zero, in questo momento non siamo nelle condizioni di garantirlo. Molto dipende dalla responsabilità di ciascuno di noi nel rispettare le nuove regole. È tutto nuovo e non è semplice ma io credo che la scuola ci sorprenderà in positivo. Ma ora le scuole devono riaprire, sono state chiuse per troppo tempo”.

Fra non molto, con il Recovery Plan, il governo avrà a disposizione molti soldi per innovare la scuola: un’occasione più unica che rara?

“Proprio oggi (ieri n.d.r.) ho partecipazione al Comitato Interministeriale per gli Affari europei per definire le linee guida sul Recovery Plan ed è ovvio che il futuro del Paese e dell’Europa non può che passare attraverso un forte investimento sull’istruzione. Non siamo ancora in grado di entrare nel dettaglio ma sicuramente una parte consistente dei fondi stanziati, sarà destinato alle infrastrutture scolastiche che, come sappiamo bene, incidono anche sulla qualità della didattica”.

Negli ultimi mesi si è parlato tanto di scuola, forse come non era mai successo prima, quello che vi chiedono tutti è di continuare a parlarne per migliorare davvero le cose e in maniera definitiva.

“Ovviamente mi auguro anche io che la scuola resti al centro del dibattito pubblico. In questi giorni se ne parla molto, c’è tanta ansia da parte delle famiglie, degli studenti e anche del personale docente. Però, superata questa ansia, dobbiamo essere capaci di trattenere questa energia positiva e la capacità che abbiamo avuto di dire al Paese quanto è importante la scuola. Per noi la vera sfida inizia dal 15 di settembre e continua fino alla Legge di bilancio e alla pianificazione delle spese del Recovery Fund. Lì ci misureranno davvero e misureranno le nostre capacità di essere conseguenti alle cose che abbiamo detto fin ora”.

Distanziamento, mascherine, infrastrutture: lei quando è stata nominata Viceministro se lo sarebbe mai aspettato che avrebbe dovuto gestire una situazione del genere?

“Decisamente no. Non mi aspettavo di dover vivere la scelta più dolorosa di tutte: quella di chiudere la scuola. Adesso è difficile riaprire ma è stato molto più difficile chiudere. Abbiamo a che fare con un’emergenza inaspettata, imprevista, complicata ma se impareremo qualcosa da questa situazione, anche tutta la sofferenza che abbiamo vissuto sarà servita a qualcosa”.

(Milano, 20 settembre 2020) – Tempo fa, il consigliere regionale del PD, Pietro Bussolati, era stato in un magazzino di proprietà della Fondazione Fiera di Milano in cui erano stipate, inutilizzate, 18 milioni di cosiddette “mascherine-pannolino” ordinate lo scorso marzo, in piena emergenza Covid, da Regione Lombardia e fatte produrre dall’azienda Fippi di Rho per sopperire alla carenza di dispositivi di protezione individuale da distrstribuire agli operatori sanitari nei vari presidi territoriali lombardi.

Costo dell’operazione 8,1milioni di euro, spesi da Aria Spa, la partecipata della Regione, che è centrale unica degli acquisti.

Quelle mascherine però – come ci ha svelato Bussolati – non sono mai state distribuite perché considerate inadatte per proteggere gli operatori sanitari. Sul caso è stata aperta anche un’inchiesta giudiziaria per truffa.

Oggi apprendiamo da un articolo pubblicato su La Stampa, non senza un certo stupore, che la Giunta Fontana tre giorni fa, esattamente il 7 di settembre, ha approvato due delibere che consetono di donare parte di quelle mascherine pannolino, scartate dai dipendenti ospedalieri perchè inadeguate e inutilizzabili, al Kazakistan.

Regione Lombardia si vergogna talmente di distribuire al personale sanitario italiano le mascherine pannolino, vanto di un tempo, da cercare di spedirle altrove, persino regalandone un milione e mezzo al Kazakistan.

Ma alla beffa c’è da pagare, letteralmente, il danno. Sì perchè per donare queste improponibili mascherine pannolino al Kazakistan occorre che Regione Lombardia le riparghi di nuovo alla sua partecipata, Aria Spa.

Costo complessivo 823.500 euro per 1,5 milioni di pezzi (0,45 + Iva) da far valere sul capitolo del bilancio 2020 “Acquisto di beni per aiuti umanitari internazionali“.

C’è di che arrabbiarsi per questa ennesima presa in giro. I lombardi non la prenderanno bene e forse, se sapessero, anche i kazaki.

Chiara Braga

L’ignobile episodio di cui l’assessore Corengia si è resa responsabile non fa altro che confermare ciò che sosteniamo da tempo:l’amministrazione Landriscina non ha mai avuto intenzione di aiutare i senza dimora comaschi. Anzi, tra coperte tolte e grate anti-senzatetto, la strategia pare quella di respingere, allontanare le persone come se non fossero un problema della città.

ll clamoroso gesto di un singolo non deve spostare il fuoco da un problema che è di tutta la comunità. Il dormitorio permanente è urgente. Non importa che l’amministrazione neghi l’evidenza. Nel rispetto dei comaschi e della democrazia serve dare seguito pratico alla mozione approvata in consiglio comunale nel luglio del 2019. È un debito nei confronti dei cittadini, tutti, con e senza dimora. Se da una parte la Giunta Landriscina condanna decine di persone a vivere all’addiaccio, costringe i residenti a convivere con il degrado generato dalla marginalità alimentando un conflitto sociale che ribolle da troppo tempo.

Ma mentre la città ha dovuto soffrire l’immobilismo di chi la governa, siamo arrivati a un altro autunno. Piuttosto che prendere parte alle operazioni di sanificazione, levare coperte ai disperati e gettare imbarazzo su Como, prima ancora che sul suo incarico, l’assessore Corengia deve fare chiarezza su una serie di domande. C’è un piano per l’inverno? Dove si intende ricollocare il tendone di Emergenza Freddo ora che gli spazi del Cardinal Ferrari non sono più disponibili? La giunta intende lasciare degli esseri umani dormire per strada per un altro inverno?

Tommaso Legnani,
segretario cittadino del Partito Democratico di Como

Servono corse ogni mezz’ora negli orari di punta e più carrozze sulla Como-Lecco per facilitare il rientro a scuola e al lavoro in totale sicurezza: Regione Lombardia non può rimanere a guardare mentre migliaia di comaschi affrontano l’enorme incognita del trasporto pubblico locale, messo in crisi dalle misure anti-Covid. Dal Pirellone servono soluzioni e servono rapidamente.
La Como-Lecco è infatti un servizio importantissimo per studenti e lavoratori gravemente azzoppato durante la pandemia che non è stato ancora ripristinato con solo 12 treni contro i 23 precedenti all’emergenza sanitaria. E’ una situazione già da tempo denunciata dai pendolari e che rischia, se non risolta, di generare situazioni di sovraffollamento non solo sui treni stessi ma anche sugli autobus presto strapieni di studenti che saranno lasciati senza alternative al trasporto su gomma, al suono della prima campanella, tra qualche giorno.  
Solo se Regione e Trenord lavoreranno per mettere a disposizione più spazio e più convogli sarà possibile evitare pericolosi assembramenti ed alleggerire l’enorme pressione esercitata sulle linee dei bus del trasporto extra urbano. Solo così possiamo scongiurare pericolose situazioni in grado di vanificare gli immensi sforzi fatti per contenere il virus.Ottima è la proposta del Presidente di Anci Lombardia e sindaco di Tremezzina, Mauro Guerra, di potenziare il trasporto lacustre in alternativa agli autobus per garantire la sicurezza di chi dal lago si sposta verso Como. Solo migliorando linee di trasporto già collaudate ma sotto utilizzate si risponde ai bisogni del territorio. Allo stesso modo, Regione Lombardia deve capire che il trasporto ferroviario, in questo senso, diventa un alleato irrinunciabile e deve fare di tutto per evitare che nessuno rimanga a piedi o, peggio, sia costretto a salire su mezzi sovraffollati barattando la propria sicurezza per il proprio diritto a recarsi al lavoro o in classe.

Angelo Orsenigo

di Brando Benifei da Immagina.eu

Dopo la lunga e difficile fase dell’emergenza sanitaria, sempre a rischio di riprendere spinta come vediamo dai dati di questi giorni, oggi sulle nostre economie gravano gli effetti pesantissimi della pandemia. In questo scenario, è fondamentale agire in maniera coordinata in Europa per programmare una ripresa organica, aiutando i settori più in difficoltà.

Per questo, la notizia che la Commissione europea con lo strumento SURE, la “cassa integrazione europea”, arriva a proporre uno stanziamento per il nostro Paese di 27,4 miliardi di euro, rappresenta un segnale incoraggiante per l’Italia, uno degli Stati membri che più aveva bisogno di maggiore solidarietà europea.

SURE, il Supporto Temporaneo per Mitigare il Rischio di Disoccupazione in Emergenza, nasce come uno strumento finanziario di natura temporanea per proteggere l’occupazione in UE, utilizzabile in tempi rapidi e in aggiunta ai programmi già varati a livello nazionale, rinforzando le azioni intraprese dai singoli Paesi. È stato uno dei primi strumenti comunitari a essere messi in campo in risposta alla pandemia. Da subito è stato chiaro che ci trovavamo di fronte a una scelta storica: la sua introduzione è importante non solo in risposta alla crisi da coronavirus, ma ha anche un enorme significato politico per il futuro dell’Europa, dato che per la prima volta è stato varato uno strumento finanziario a tutela dell’occupazione nei 27 Paesi. 

In effetti, il coronavirus, pur nella drammaticità dell’emergenza, ci ha dato l’opportunità di ripensare la solidarietà europea. Le novità che abbiamo introdotto, iniziate con SURE e culminate con il Recovery Fund, che prevede obbligazioni garantite dal bilancio UE, sono destinate a cambiare radicalmente il modo in cui pensiamo all’intervento europeo, basti pensare ad esempio che anche grazie a SURE diventa più facile pensare di introdurre un sussidio europeo contro la disoccupazione, come chiediamo da tempo come Partito Democratico. 

In un momento critico per l’UE, le misure prese hanno gettato le basi per un rilancio della coesione e della dimensione sociale dell’Unione. I 27,4 miliardi stanziati per l’Italia sono una cifra considerevole, e rappresentano l’importo maggiore fra quelli assegnati ai diversi Stati membri. Si tratta di una cifra che permetterà di aiutare in maniera rilevante le realtà più in difficoltà, sostenendo misure che vanno dalla cassa integrazione per tutti i lavoratori dipendenti alle indennità per i lavoratori autonomi di vario tipo, i collaboratori sportivi, i lavoratori domestici e quelli intermittenti, dal fondo perduto per autonomi e imprese individuali al congedo parentale, dal voucher baby sitter alle misure per i disabili e quelle per i tirocinanti e gli apprendisti, solo parzialmente tutelati dalle misure nazionali di aiuto finora varate. Si prevede, inoltre, un risparmio per le casse dello Stato di oltre 5 miliardi e mezzo di euro nell’arco dei 15 anni di maturità dei titoli. 

È chiaro, però, che la partita non si chiude qui. Le negoziazioni per il Fondo per la Ripresa hanno mostrato chiaramente che ora è tempo di riformare l’Europa, introducendo forme di welfare UE sempre più strutturate e onnicomprensive, finanziate attraverso un sistema di risorse proprie e una fiscalità europea che metta l’Unione in condizione di agire in autonomia, senza essere schiava di particolarismi nazionali. Superare il modello intergovernativo, infatti, è sempre più fondamentale se si vuole davvero dotare l’UE degli strumenti adatti a porsi come un soggetto politico sovranazionale autonomo. Con SURE e con la creazione di debito comune europeo prevista dal Recovery Fund abbiamo fatto un enorme passo avanti, che devo diventare permanente e non temporaneo.

Dobbiamo continuare a cambiare l’Europa per renderla adeguata e pronta alle sfide sempre più complesse che il mondo ci ha posto e continuerà a porci.

Le istituzioni